mercoledì 2 aprile 2014

STORIE D'ACQUA DOLCE

“Con le mani posso finalmente bere”… L’esordio di Storie d’Acqua dolce con Franco Acquaviva trasmette, sin dall’inizio, allo spettatore la familiarità dell’argomento e ne stuzzica la curiosità.
Storie legate all'elemento essenziale per la vita sono state narrate in palcoscenico domenica 30 marzo dal Teatro delle Selve nella stagione VADO A TEATRO! Grandi testi, società, fiabe, territorio di cui ha firmato la direzione artistica. Grazie alla collaborazione con il Museo del Rubinetto di San Maurizio d’Opaglio, il regista ha cucito tra loro aneddoti e dati statistici creando una trama del tutto divertente. Storie d’acqua dolce non è ancora una produzione completa, ma ha le caratteristiche affinché lo possa diventare.

Il Professore deve registrare la sua conferenza: al pubblico parlerà dell’Acqua, ma ancora non sa che titolo dare alla lezione e si concentra sul funzionamento

del suo mini registratore e sul contenuto. Non ha iniziato da molto la “prova” ed ecco che appare un uditore simpatico e originale che lo accompagna durante tutto il tempo della registrazione. Cesare, il desocializzato delle terme di Caracalla, integra le conoscenze scientifiche del professore, con l’esperienza vissuta sul campo. Cesare vive alle terme e di storie ne ha da raccontare! Il professore parla del rubinetto, e di quanto la sua invenzione abbia rivoluzionato le abitudini delle persone; punta l’accento più volte sull’uso scorretto delle bottiglie di plastica e ribalta la visione di Cesare sul consumo dell’acqua corrente. Il rapporto tra i due subisce una parabola ascendente: dapprima il professore si innervosisce sugli interventi di Cesare, perché lo distrae, gli fa perdere il filo del discorso e gli ruba minuti preziosi; il barbone romano si impone quale personaggio popolare e ingenuo a tratti. Dal professore scaturisce la passione per la l’argomento trattato e per il suo lavoro. Man mano che lo scambio di battute tra i due aumenta, cresce la fiducia del professore nel suo interlocutore. Sul finale c’è un avvicinamento tra i due: Cesare aveva portato con sé una lettera ricevuta lo stesso giorno, non ancora letta. La comunicazione, emanata direttamente dalla sovrintendenza ai Beni Culturali, impone a Cesare di non stazionare più presso il perimetro delle terme, con sgombero immediato. Lo scarto di registro tra il linguaggio popolare di Cesare e quello burocratico della sovrintendenza è lo stesso che esiste tra lui e il professore. Il professore supera le differenza decidendo di lasciare la sua registrazione e aiutare Cesare a risolvere la questione.

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